Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?” (Lc 10,25-37). L’intento del dottore della Legge non era di per sé ostile, ma egli voleva intavolare una discussione sul Kelal, il “comandamento essenziale”, quello che racchiudeva tutti gli altri comandamenti e da cui tutti gli altri comandamenti hanno origine. Gesù comprese bene che non era questione di “ereditare la vita eterna”, per questo non diede risposta, ma secondo l’uso rabbinico rilanciò la questione con un’altra domanda, anzi con due: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”, domande che spostavano la discussione: Gesù passa da una questione accademica ad un invito a riflettere su ciò che è essenziale nella legge di Mosè. Il dottore della Legge lo comprese bene, tanto che rispose subito con il comandamento di Dt 6,4-7: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente”, a cui aggiunse il comando di Lev 19,18: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. E li fuse talmente bene tanto da risultare un solo comando: “Amerai”, un futuro che equivale ad un imperativo: “Ama”.
Questo è il comando di Dio, questo è il comando di Gesù. È un comando semplice e insito nel cuore dell’uomo: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30,11-14). Tale parola ha un solo nome: Ama, ma anche una sola esigenza: Abbi un cuore nuovo. Come afferma il profeta Ezechiele: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36,26-27).
Non ci sono due amori, ma un solo amore: “Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,21). Infatti: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). La risposta del dottore ci insegna che “tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso”; anzi, in riferimento alla legge di Mosè, afferma: “Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Rom 13,8-9). Ma perché tutto ciò non restasse nella teoria, ma divenisse esperienza di vita concreta Gesù ci invita ad un’ulteriore approfondimento: “Chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29). Per il giudeo, è chi fa parte del popolo dell’Alleanza e osserva i precetti di Dio; per Gesù, ogni uomo che ha bisogno di aiuto, senza distinzione di razza, di religione o di condizione sociale.
La risposta alla domanda del dottore della Legge: “che devo fare per ereditare la vita eterna?” è una sola: ama il prossimo come te stesso. Meglio ancora: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,37): l’essenziale non è sapere «chi è il mio prossimo», ma di «farmi prossimo» a chiunque ha bisogno del mio aiuto. Di più: amare il prossimo alla maniera di Gesù, che “ci ha amato e ha consegnato se stesso per noi” (Gal 2,20).