Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada»” (Lc 9,51-62). Testo importante per coloro che seguono Gesù. E, anche se le nostre esperienze di incontro con lui differiscono l’una dall’altra, ciò che conta è il seguirlo con decisione: “Ti seguirò dovunque tu vada” (Lc 9,57). Non basta però l’entusiasmo di un momento, ma di prendere la decisione ferma di “vivere la propria esperienza” in comunione con Gesù povero e anche emarginato: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58). È duro essere senza patria, senza una casa dove sentirsi al sicuro ed avere un punto di riferimento affettivo. Per seguire Gesù, non basta un’improvvisa illuminazione spirituale, c’è bisogno di attenta riflessione su ciò che essa significa e comporta, ed accettare su di sé le esigenze del Regno. Tra il desiderio di seguire Gesù e la decisione di seguirlo ci deve essere una volontà decisa a rinunciare le proprie sicurezze e le comodità di una vita ricca di opportunità, ma soprattutto di porre la sua fiducia in Dio: “L’anima mia anela e desidera gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore” (Sal 84,3.6). “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre” (Lc 9,59): la risposta di Gesù, per quanto dura possa sembrare ed estranea al sentimento umano non è contro la pietà filiale. L’espressione “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti», infatti, è un’espressione pregnante per dire che gli altri suoi familiari che non hanno seguito Gesù, e quindi sono “morti”, potranno benissimo compiere quest’atto di pietà verso il loro genitore; per lui, invece, l’unica esigenza valida è quella di annunciare il Regno di Dio (Lc 9,60). Gesù solo e il Regno che egli annuncia devono essere al centro dei nostri pensieri: “Se uno viene a me e non odia il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Chi vuol seguire Gesù deve porlo al centro dei suoi pensieri, al di sopra anche degli affetti familiari: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia” (Lc 9,61).
Elia permise ad Eliseo di accomiatarsi dai suoi genitori (1Re 19,20-21), Gesù no e la sua risposta somiglia di più a quella radicale del suo Padre celeste, che ad Abramo disse: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” (Gen 12,1). E la sua radicalità è divenuta proverbiale: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62). Colui che vuol divenire discepolo e vuol vivere in piena comunione con Gesù, non solo non può porre condizioni alla sequela, ma deve sciogliere decisamente ogni legame, persino quelli familiari, e dedicarsi totalmente all’opera che ha abbracciato. Senza alcuna distrazione, perché ciò può compromettere l’opera che si è iniziata. Il Regno di Dio, da annunciare insieme a Gesù, postula dagli uomini l’esigenza della totalità indivisa di pensiero e di volontà. Non si può “guardare indietro”: il proprio io, la propria storia, la propria sicurezza materiale, affettiva e spirituale.
Ma guardare avanti, richiamando alla propria mente la proposta di Gesù: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9,23-24). E il suo programma di vita é: “Per Gesù ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo e conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,8.10-11).