Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla” (Lc 9,11-17). Subito! Ascoltando queste parole, sorge il ricordo di quell’Ultima Cena, in cui Gesù offrì ai suoi discepoli il pane: “Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”, e il vino: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi” (Lc 22,19-20). Facciamo festa del Corpo e Sangue del Signore, per far memoria di un gesto di amore, che nutre la nostra fede nel Signore morto e risorto per noi. Allo spezzare del pane e nel gesto benedicente di Gesù, i nostri occhi, come quelli dei discepoli di Emmaus, si aprono e riconoscono la presenza del Signore nel nostro cammino di fede.
Di più: i nostri cuori ardono di amore e di riconoscenza, nel contemplare i gesti di Gesù e la sua promessa di vita eterna: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,53-54). “Prese i cinque pani e, levati gli occhi al cielo, li benedisse”: gesti semplici, ma che comunicano una realtà profonda. La fede si immedesima e fa memoria di quei gesti di amore: ce li fa ricordare, li pone nel nostro cuore, al centro del nostro esistere e del nostro essere in comunione con lui. “Li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla”: chi riceve il Corpo e il Sangue del Signore non può chiudersi nell’intimismo della contemplazione del mistero, ma deve condividere la gioia dell’Eucaristia con tutti, sia con coloro che condividono la stessa fede sia con coloro che hanno fame materiale e spirituale.
Nell’Eucaristia esperimentiamo la comunione di vita con Gesù e tra noi: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.” (1Cor 10,16). Ci nutriamo del corpo di Cristo e beviamo il suo sangue: siamo in comunione di vita con lui e con i fratelli. La sua carne e il suo sangue sono “vero cibo e vera bevanda” (Gv 6,55): comunicano la vita e operano un’unione durevole con Gesù che è la vita e dona la vita. In lui, noi tutti formiamo un solo corpo e un solo spirito: l’eucaristia è il fondamento essenziale della vita della Chiesa, del sentirci Chiesa, del vivere come Chiesa di Dio. Ma noi siamo anche “Chiesa in uscita”, chiamati da Gesù alla condivisione: “Dategli voi stessi da mangiare”. Offriamo a tutti il gesto di amore di Gesù, vissuto come accoglienza, condivisione e gratuità d’amore.
Accoglienza: spezzare il bene e bere il vino insieme sono occasione per stare insieme, condividere idee ed esperienze, conoscersi e stabilire legami reciproci di amicizia e di rispetto. Condivisione: vinta la paura dell’altro, entriamo in sintonia di amore con lui, dominiamo l’avidità, l’invidia e l’egoismo, mettiamo a disposizione i nostri beni, le nostre esperienze e persino il nostro pensare, sentire e agire. Gratuità: è l’apertura massima al prossimo, vittoria sul nostro egoismo, liberazione dagli interessi che spesso dominano la nostra esistenza, apertura del cuore per usare misericordia e ottenere misericordia: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti” (Rom 12,15-18).