Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade” (Gv 21,1-19). C’è in questo brano, in apparenza narrativo, come un crescendo teologico, che ci invita alla riflessione: Gesù si manifesta ai discepoli, credenti ma perplessi, operosi ma infruttosi, amici di Gesù ma timorosi nel manifestare la pienezza del loro amore. “Io vado a pescare”: il ritorno alle attività quotidiane non è mancanza di fede, anzi è fedeltà all’impegno di vivere alla luce di Gesù risorto. Se c’è un problema, non è la fede in Gesù risorto: le apparizioni avevano confermato la fede dei discepoli e la nostra comunione a tale fede: “Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (1Gv 1,3).
Il problema è vivere da “risorti in Cristo”: come vivere quest’esperienza di fede? La novità della risurrezione in Cristo affascina: richiede concentrazione, fiducia, impegno. Concentrazione: orientarsi con la mente e il cuore verso la realizzazione di un progetto, la realizzazione della “vita nuova” in Gesù e con Gesù: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). Pietro e compagni, sembra che abbiano perso l’orientamento: invece di “essere pescatori di uomini” secondo la chiamata di Gesù, ritornano ad essere semplici pescatori. Fiducia: non perdiamo di vista Gesù, egli è sempre “con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20); fidiamoci di Gesù, “per ricevere forza e crescere in modo da edificare noi stessi nella verità e nella carità” (Ef 4,16). Impegno: essere veri seguaci di Gesù, uomini e donne che si rinnovano di giorno in giorno nel loro modo di pensare e agire (2Cor 4,16); abbandonano il proprio io, “l’uomo vecchio che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e si rivestono dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,22-24). “Quella notte non presero nulla”: non basta operare credendo, bisogna credere amando.
È lo sguardo del discepolo che Gesù amava: “È il Signore!”. Solo l’amore rende viva e operosa la nostra fede in Gesù risorto e il desiderio di essere sempre con lui: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra” (Col 3,1-2). E anche nel nostro operare quotidiano il riferimento a Gesù è una necessità del cuore, che ci orienta a colui che dirige il nostro pensare, agire e sentire: “Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (Col 3,17). Non è il lavoro che ci distrae dal riconoscere il Signore risorto operante nella nostra esistenza. Forse, la nostra fede agente mediante l’amore si è alquanto intiepidita, perché un cristiano senza Gesù non può far nulla (Gv 15,5) e non può ottenere nulla: “quella notte non presero nulla”. Basta uno sguardo d’amore verso di lui e la vita risorge: “Gettarono la rete e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci”. L’amore a Gesù è il nostro punto di riferimento quotidiano. Lui è vivo nella sua parola che dà pace al cuore: “lui è la nostra pace” (Ef 2,14) e “le sue parole sono spirito e vita” (Gv 6,63). Lui è fonte di grazia e santità nei sacramenti: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, rimane in me e io in lui e colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,54.56-57). Lui è presenza attiva in noi con la dolce fortezza dell’amore: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Certo, amiamo il Signore. Non solo perché ci è stato comandato di “amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le nostre forze”, ma perché è esigenza intima della nostra vita.
E il nostro amore è testimonianza a colui che ci ha amato senza riserve e nella forza dello Spirito ci ha resi suoi testimoni: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni fino ai confini della terra” (At 1,8). È la forza travolgente dell’amore: “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16).