Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2,1-11). Queste parole sono una chiara e splendida chiave di lettura dell’episodio di Cana di Galilea. La liturgia, infatti, ci invita a riflettere sulla terza manifestazione di Gesù al popolo di Dio: l’Epifania è la manifestazione di Gesù come il Salvatore del mondo; il Battesimo al Giordano ci rivela Gesù come il Figlio di Dio, l’Amato, che ci conduce alla salvezza mediante l’azione dello Spirito e nel fuoco dell’amore; le nozze di Cana manifestano Gesù come l’Emmanuele, che viene in nostro soccorso nei nostri bisogni quotidiani: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Accanto a lui, Maria, la collaboratrice di grazia, che ci aiuta nel nostro cammino di fede. Per Giovanni evangelista, l’episodio di Cana ha un duplice scopo: mostrare la potenza gloriosa di Gesù e rafforzare la fede dei suoi discepoli.
“Gesù manifestò la sua gloria”: a Cana è “l’inizio” di una gloria che si manifesterà progressivamente. Prima con “i segni”, cioè con i miracoli, per manifestarci il mistero di Gesù, che opera per la nostra salvezza; poi, con il dono totale della sua vita per noi e in cui ci attirerà tutti a sé (Gv 12,32): “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,23-24); infine, nel momento di commiato con i suoi discepoli: “Alzàti gli occhi al cielo, Gesù disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,1-3).
Le nozze di Cana sono l’inizio della “gloria” di Gesù. Egli ci coinvolge in un’avventura di amore, simboleggiata dalle “nozze”: è il tempo messianico, predetto dai profeti e in cui abbonderanno vino, grano e olio, dono di Dio che riempie di gioia il cuore di coloro che credono in lui e si affidano totalmente a lui: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati” (Is 62,9). Ma il tempo messianico di Gesù non è solo tempo di pienezza, ma soprattutto della presenza dello “sposo”, che comunicherà la sua gioia e soprattutto per amore donerà la sua vita: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Gesù porta a compimento le attese dei profeti e del popolo di Dio. Così, se il “vino” delle “promesse ad Abramo e alla sua discendenza” era buono, quello di Gesù è “eccellente” a tal punto che i convitati ne apprezzano la bontà e il suo perdurare: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora” (Gv 2,10),
All’inizio dell’ora messianica di Gesù c’è anche Maria. Il suo intuito femminile si mette in azione in una fede, che libera dall’imbarazzo i giovani sposi, stimola Gesù a non tentennare nell’adempimento della sua missione di salvezza e i servi a “fare qualunque cosa lui dice” (Gv 2,5). Il compito di Maria è quello di portare a Gesù e stimolarci ad osservare i suoi insegnamenti. Ascoltiamo la voce della Madre di Gesù e Madre nostra, allora il miracolo si compirà: anche noi crederemo in Gesù (“e i suoi discepoli credettero in lui”) e le “idrie” dei nostri cuori saranno ricolmi del “vino eccellente” dell’amore, che riempie di gioia e ci farà vivere nell’esultanza della parola che rinnova la vita e nel saziarci del corpo e sangue di Cristo nel banchetto nuziale dell’Agnello, che ci procura la gioia della vita eterna: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).