Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
"Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15-20). Nasce Gesù a Betlemme, secondo l’antica profezia: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti” (Mi 5,1). Nasce secondo il progetto di salvezza di Dio: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5). Nasce per condividere con noi la nostra condizione umana: “Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7).
Nasce nella nostra storia umana: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra”. Un’occasione ancora, perché Gesù sia in mezzo a noi e così santificare il mondo intero e trasformare la storia degli uomini in momento di grazia e santità. Nasce nella povertà e tra gente semplice: “Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9). Ed è proprio a “gente povera” che gli Angeli si rivolgono: “Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10). E la risposta è immediata: “Andiamo a Betlemme!”.
Bello e profondo questo invitarsi a vicenda ad andare a “conoscere” ciò che Dio nella sua misericordia ha voluto rivelare loro, proprio loro che erano emarginati e considerati impuri dalla gente perbene e religiosa. Essi obbediscono con immediatezza al messaggio che Dio ha manifestato ad essi attraverso gli Angeli. Ad essi, per primi, Gesù è manifestato come il Salvatore promesso, “per dare loro la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, far risplendere il sole che sorge dall’alto su essi che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i loro passi sulla via della pace” (Lc 1,77-79). Ecco la buona notizia: nasce Gesù, il Messia, “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc 4,18-19).
Non vanno per la curiosità di conoscere qualcosa d’importante o di meraviglioso, ma con la ferma decisione di incontrare Colui che nella sua umiltà, ha voluto farsi povero come loro, ma per arricchirli della sua grazia. “Andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Semplice la presentazione dell’evento, immediato lo sguardo di fede sui personaggi dell’avvenimento che Dio vuole mostrare ai pastori. Niente grandezza e splendori, ma la povertà di una mangiatoia, che fa da culla a Gesù bambino, inerme Signore della storia; la semplicità attenta di Giuseppe, la tenerezza contemplativa di Maria, “che custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). E di tutto ciò i pastori si fanno testimoni, “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto” (Lc 2,20).
Lasciamoci conquistare anche noi da questo mistero di amore e, insieme ai pastori, accogliamo Gesù e la sua povertà, espressione di amore infinito per tutti gli uomini. Immedesimiamoci nel mistero di Cristo: per essere discepoli, che con semplicità e amore cercano con fede e stupore di “conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendoci conformi alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11). Ma anche di essere testimoni nel quotidiano di una vita di fede semplice e autentica, che nella povertà trova il segno della presenza di amore di Gesù.