Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Gesù, seduto di fronte al tesoro, osservava la folla” (Mc 12,38-44). Queste parole, nel Vangelo di Marco, stabiliscono un legame redazionale di contrasto tra l’agire ipocrita e vanitoso degli scribi (Mc 12,38-40) e il comportamento genuino e generoso della vedova che getta nel tesoro due spiccioli (Mc 12,41-44). La liturgia, da parte sua, ha mantenuto tale legame, per cui è bene non spezzarlo: bisogna amare e adorare Dio con uno stile di vita genuino e “con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza” (Mc 12,30). Bisogna amare Dio con uno stile di vita genuino: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere” (Mc 12,38-40).
L’imperativo “guardatevi” da una parte ci mette in guardia a non assumere lo stile vanitoso, ambizioso e avido degli scribi, dall’altra ci invita ad una attenta riflessione personale nel nostro rapporto con Dio e il prossimo. Senza peli sulla lingua, Gesù mette in rilievo tre difetti: la vanità nel vestire e nel modo di pregare, l’ambizione nella ricerca dei primi posti, l’avidità nel rapporto sociale con le vedove. La vanità: è una brutta malattia dello spirito, ne soffre chi cura con eccesso la propria immagine per apparire migliore degli altri; è ipocrisia che recita la parte del giusto senza esserlo: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1); è moralismo senza cuore: “Chi sei tu, che giudichi un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone” (Rom 14,4). A tali moralisti si applicano le parole di S. Paolo: “Tu, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che, perseverando nelle opere di bene, cercano gloria, onore, incorruttibilità; ira e sdegno contro coloro che, per ribellione, disobbediscono alla verità e obbediscono all’ingiustizia” (Rom 2,5-8).
L’ambizione: una smania interiore che cerca di emergere, cercando di sopravvalutare se stessi e di mettersi in mostra; è una vera nemica dell’umiltà, tanto che Gesù diede ai suoi discepoli quest’insegnamento: “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10,43-44). L’umiltà è medicina salutare contro l’ambizione: “Dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato” (Rom 12,3).
L’avidità: soprattutto del denaro, un male che intacca la fede in Dio: “L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti” (1Tim 6.10). Di più, può divenire un idolo, di cui si diviene schiavi: “Non potete servire Dio e Mammona”. Per questo, il credente deve “far morire ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria” (Col 3,5).
Essa non solo guasta i rapporti con Dio, ma anche quelli col prossimo, come dimostra la cupidigia degli scribi che divoravano i beni delle vedove con una falsa pietà: “Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; hanno gli occhi pieni di desideri disonesti e, insaziabili nel peccato, adescano le persone instabili, hanno il cuore assuefatto alla cupidigia, figli di maledizione!” (2Pt 2,3.14).
Ed ecco il contrasto: una povera vedova, che ama Dio offrendogli “tutto ciò che aveva: due spiccioli, tutto ciò che aveva per vivere” (Mc 12,44). Questa donna semplice, senza grande istruzione, ma con un grande saggezza di cuore, si è guardata dagli scribi, che forse l’avevano anche delapidata (Mc 12,40) e dai loro insegnamenti falsi, amando Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutta la sua mente e con tutta la sua forza” (Mc 12,30). Molti ricchi gettavano molto, ma era il loro superfluo; essa, povera ma dal cuore generoso, dona tutto ciò che ha, la sua vita. Essa non solo ha amato Dio, ma anche il suo prossimo, dato che le offerte servivano per il culto e per aiutare le persone indigenti e bisognosi di aiuto. In altre parole, nella sua fede semplice e genuina, si è affidata totalmente a Dio e ha condiviso il suo poco con chi aveva bisogno. Il suo fu un gesto di amore a Dio e al prossimo.