Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
“Bartimeo, sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” (Mc 10,46-52). Bella questa preghiera di Bartimeo, cieco di Gerico: è la nostra stessa preghiera che con fede rivolgiamo al Signore all’inizio della celebrazione eucaristica: “Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà!”. Per noi, infatti, Gesù è il Signore, “Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!” (Fil 2,9-11). E non solo: egli è il Cristo, figlio di David: “il vangelo di Dio, infatti, riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, Figlio di Dio costituito con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore” (Rom 1,3-4).
A lui, come Bartimeo, rivolgiamo il nostro grido di aiuto: “Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!” (Sal 27,7). Mi emoziona che tale grido sorge acuto da un emarginato, posto ai margini della strada che conduce a Gerusalemme: spesso anche noi siamo ai margini del cammino che abbiamo intrapreso con Gesù per partecipare al suo mistero di morte e risurrezione, ma ci ritroviamo posteggiati ai margini di esso, disorientati, bisognosi di luce per comprendere, di vista per riacquistare quella luce interiore che guida la nostra esistenza umana e di credenti: “Abbiamo abbandonato la via della verità, la luce della giustizia non ci ha illuminati e il sole non è sorto per noi” (Sap 5,6). Eleviamo il grido del nostro bisogno interiore: “Manda la tua luce e la tua verità: siano esse a guidarmi, mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora” (Sal 44,3). Ma la folla dei nostri pensieri grida dentro di noi e non ci fanno ascoltare la parola di Gesù: “Venite a me! Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
Le nostre passioni urlano contro il nostro desiderio di pace e ci fanno dimenticare il dolce invito di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28,29). E tale invito si fa più forte attraverso la mediazione illuminante degli apostoli di Gesù: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”. E il momento di “rialzarsi” e rimanere saldi nella fede, perseveranti nella preghiera, ma decisi a seguire sempre Gesù con decisione pronta ed audace: “gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. “Gettò via il mantello”, per correre più spedito: immagine della misericordia di Dio che ci protegge, ma spesso nasconde tante nostre incongruenze, incoerenze e quell’aspetto di perbenismo, che ci rende ipocriti dinanzi a Dio e agli uomini. “Balzò in piedi”: slancio di fede, che ci rende agili nel corpo e nello spirito, per entrare in comunione con Gesù, colui che è luce di grazia e santità; e ci rivolgiamo a lui: “Grande Maestro, che io veda di nuovo!”
“E siamo stati lavati, siamo stati santificati, siamo stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio” (1Cor 6,11). Ma ora è importante seguire l’esempio di Bartimeo: “Lo seguiva lungo la strada”, la strada di Gesù: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9,23-24). Solo così, potremo sentire la voce di Gesù, che ci annuncia la salvezza: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. È un cammino di luce, che illumina ogni uomo (Gv 1,9); di verità, che ci rende liberi figli di Dio (Gv 8,32); di amore, che ci rende operosi per amare quelli che Gesù ama (2Cor 9,6-7).