Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
Vedere Gesù, sorgente di vita.
“Alcuni Greci si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: Signore, vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,20-33). Con questa richiesta sembra avverarsi la parola di Gesù: “Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16). È l’universalismo della salvezza!
Gesù apre il suo cuore ad ogni uomo: non vi sono più limitazioni di popoli né recinti di razze: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15,24); tutti possono far parte del “gregge del Signore”: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Gesù si mostra a tutti, basta elevare il capo verso di lui e guardarlo innalzato sulla Croce: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Ma il desiderio di vedere Gesù non basta, bisogna accettare Gesù e il suo mistero di morte e risurrezione, il suo cammino che dall’umiliazione del chicco di grano che muore, ma fruttifica per la gloria: “Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato”. Umile chicco di grano muore non solo per donare la vita a tutti coloro che credono, ma renderli partecipi della sua gloria: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,24). È uno sguardo di gloria, che ci coinvolge: moriamo con lui, partecipiamo con lui alla sua gloria. Lo sperimentiamo nel battesimo: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione” (Rom 6,4-5). Lo sperimentiamo nella vita quotidiana: “Siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Animati da questo spirito di fede, siamo convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi” (2Cor 4,8-10.13-14). Dobbiamo seguire Gesù fino a donare la nostra vita, perché “non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Il suo amore “ci spinge, perché sappiamo bene che egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2Cor 5,14-15). La nostra vita è decentrata: non è più il nostro io che domina, ma “Cristo vive in me, e la vita che vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gl 2,20). Solo seguendo Gesù, arriveremo alla sua gloria, alla comunione con il Padre: “La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,22-24). In Gesù e con Gesù, non abbiamo paura “dell’ora della sofferenza”, perché “le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rom 8,18), ma ancor di più, perché sappiamo che Gesù intercede per noi presso il Padre: “Padre santo, custodiscili nel tuo nome, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia” (Gv 17,11-13). Ma è l’amore che ci fa partecipi alla sua sofferenza e anche alla sua gloria: “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17,26).