Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
“Gesù si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Maestro, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete»” (Gv 1,35-42). Un «botta e risposta» molto interessante, che mette in risalto l’efficacia della testimonianza di Giovanni Battista su Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio”. Egli è il testimone della messianicità di Gesù: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce” (Gv 1,6-8). La sua testimonianza attira e spinge i discepoli a conoscere meglio Gesù e la sua missione di salvezza. Essi, dietro l’indicazione del loro maestro, seguono Gesù. “Che cosa cercate”: i discepoli non hanno risposto alla domanda di Gesù, hanno solo replicato con un’altra domanda che implicava una conoscenza più profonda e intima. Noi, meditando su quella domanda, possiamo rispondere con il Salmista: “Il tuo volto, Signore, io cerco” (Sal 27,8). E noi sappiamo che Gesù è il volto del Padre: “Egli è l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). E noi siamo stati “predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”. Attratti da lui, anche noi chiediamo al Signore: “Maestro, dove dimori?”. Le dimore di Gesù sono tante. Dimora nella parola: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). La sua parola ci ricolma di gioia e ci fa esultare nel Signore: “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori” (Col 3,16). Dimora nell’Eucaristia che ci dà forza di affrontare le difficoltà della vita: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,56-57). Ma in maniera particolare, abita nel fratello o sorella che ha bisogno del mio aiuto concreto e quotidiano: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). In ogni caso, egli è sempre in mezzo a noi: “In verità io vi dico: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,19-20). Se noi siamo con lui, egli è sempre con noi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Egli ci invita ad essere in comunione con lui: “Venite e vedrete”. È un’esperienza da fare e troveremo ristoro per la nostra vita: “Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34,9). Nella parola, troveremo non solo il conforto nei momenti difficili, ma troveremo la via del nostro cammino spirituale, quella sapienza del cuore che ci fa cercare la verità, la giustizia e l’amore, ci fa trovare il modo di camminare con lui per operare ogni bene. Nella fede, per vivere in lui il mistero della nostra unione con lui e con i fratelli e sorelle, ed essere una sola cosa in lui: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17,23). Nell’amore: “In questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,16-18). Nello Spirito: lasciamo che lo Spirito di Gesù produca in noi “il frutto dell’amore”, che fa gioire il cuore, edifica tutto nella pace, sa dialogare con i fratelli con pazienza e mitezza, sa essere padrone di sé per “amare il prossimo come se stesso”. Allora, la vita cristiana diviene testimonianza che attrae gli altri e li trasforma da semplici pescatori in “pescatori di uomini”, da Pietro in “roccia in cui Dio edificherà la sua Chiesa” (Mt 16,18).