Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
Dal vangelo secondo Luca
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
“I pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo l’avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere» (Lc 2,15-20). Immediata la risposta dei pastori all’annuncio gioioso degli Angeli: “Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10). Andiamo a Betlemme: si esortano a vicenda ad andare a “conoscere” ciò che Dio nella sua misericordia ha voluto rivelare loro, proprio loro che erano emarginati e considerati impuri dalla gente perbene e religiosa. Essi obbediscono con immediatezza al messaggio che Dio ha manifestato ad essi attraverso gli Angeli. Ad essi, per primi, Gesù è manifestato come il Salvatore promesso, “per dare loro la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, far risplendere il sole che sorge dall’alto su essi che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i loro passi sulla via della pace” (Lc 1,77-79); il Messia, che annuncerà “la buona notizia” ai poveri, la libertà ai progionieri, la vista ai ciechi, l’anno di grazia per tutti coloro che si lasciano raggiungere dalla sua misericordia (Lc 4,18-19); il Signore, che ci guida alla verità e con il suo amore ci rende fratelli e sorelle nella fede. La loro prontezza è risposta di fede al mistero, che Dio ha voluto loro manifestare. Corre la loro fede umile, per incontrare Colui che nella sua umiltà, ha voluto farsi povero come loro, ma per arricchirli della sua grazia: “Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).
“Andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Semplice la presentazione dell’evento, immediato lo sguardo di fede sui personaggi dell’avvenimento che Dio vuole mostrare ai pastori. Niente grandezza e splendori, ma la povertà di una mangiatoia, che fa da culla a Gesù bambino, inerme Signore della storia; la semplicità attenta di Giuseppe, la tenerezza contemplativa di Maria, “che custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Il mistero è tutto lì: una vita che nasce e manifesta il progetto di amore del Figlio Dio, che svuotò se stesso, prese la nostra natura umana e umiliò se stesso, facendosi obbediente al progetto di amore del Padre (Fil 2,6-8): “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Contempliamo con Maria e Giuseppe: il mistero va medidato, per “avere piena conoscenza della volontà di Dio, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiamo comportarci in maniera degna del Signore e piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Col 1,9-10). Ma il mistero di amore di Gesù va manifestato a tutti gli uomini: la nostra testimonianza è adorazione del mistero: “i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto” (Lc 2,20), e allo stesso tempo adesione alla parola di Dio, a Gesù, che per amor nostro “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Contempliamo la sua gloria, “gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14). Facciamoci conquistare da lui, perché “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Immedesimiamoci nel mistero di Cristo: per essere discepoli maturi, che cercano con fede e stupore di “ conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendoci conformi alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11).