25 Agosto 2019
XXI Domenica Tempo Ordinario
Commento a cura di fra Marcello Buscemi ofm
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
“Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. È una domanda che molti si ponevano al tempo del Signore, soprattutto a motivo di certi movimenti apocalittici che diffondevano una forte tensione escatologica tra la gente e anche per l’insicurezza di sapere se i loro “meriti” erano sufficienti per avere la vita eterna. Non c’è da meravigliarsi: anche molti cristiani hanno questa mentalità. Non agiscono per amore, ma per guadagnare meriti dinanzi a Dio e avere la vita eterna. Paolo ci avverte: “Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Gal 6,7-8). E lo Spirito non solo produce l’amore nel nostro cuore, ma anche ci insegna la via di Gesù. Per immetterci in tale via, che conduce alla vita, bisogna “sforzarci di entrare per la porta stretta”. È la porta della conversione, che apre il cuore all’annuncio del Vangelo (Mc 1,15) e ci permette di seguire Gesù per la via che conduce alla vita (Lc 9,22-25). Non è questione di sapere quanti si salvano, ma come entrare per «la porta stretta». A tal riguardo, c’è una frase in questo vangelo che deve farci riflettere: “Non vi conosco, non so di dove siete”. Non basta andare in chiesa, per essere riconosciuti da Gesù; non basta farsi la comunione o leggere il Vangelo ogni giorno: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Non bastano tutte queste cose. L’unica cosa necessaria per essere riconosciuti da Gesù è essere in comunione con lui: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore” (Gv 10,14,15). Gesù ci conosce uno per uno, perché egli, oltre ad essere «il buon pastore», è anche «la porta per le pecore»: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). Gesù ci conosce, ma anche noi dobbiamo conoscere Gesù, se vogliamo essere riconosciuti da lui come suoi veri discepoli: “Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato” (1Gv 2,6). Forse meglio: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Rom 13,14). Più concretamente: “Rivestitevi, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi a vicenda, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione” (Col 3,12-14). Non c’è altra via per la salvezza: “vivere nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20) e lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio, che produce nei nostri cuori il «frutto dell’amore, che è gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22-23).